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La cascata di Isollaz

Posta a circa 695 metri, poco più a sud del paese di Isollaz lungo il corso del torrente Evançon, l’omonima cascata compie un salto di notevole altezza e bellezza, all’incirca all’altezza dell’antica Torre di Bonod (ad oriente) e del villaggio di Targnod (ad occidente), nel Comune di Challand-Saint-Victor. Il torrente attraversa il piacevole villaggio di Isollaz, passando al disotto del nuovo ponte carrabile (contraddistinto da una edicola sacra al centro e da una ben più ampia cappella dedicata alla Madonna Nera di Oropa sul lato orientale) per poi inabissarsi nel salto, più a valle, dopo aver superato le moderne opere di canalizzazione e contenimento della diga. Anticamente, secondo Ugo Torra, Isollaz avrebbe forse vantato un ponte romano; se la provenienza di tale opera è incerta, rimane la citazione tratta dal testamento del grande Ibleto di Challant, redatto il 15 febbraio 1405, ove si parla chiaramente di un Ponte de ysulayre. Da giugno 2010, ulteriori spunti di analisi sono infatti offerti dalle fonti testamentarie medievali recensite da Varasc.it. 

Profondamente incassata tra strette rive ombrose, umide e dense di vegetazione superiore, la cascata rende trasclucida la parte superiore della forra rocciosa, in un caleidoscopio altamente scenografico dovuto alla miriade di spruzzi e particelle d’acqua provocate dal salto di ben cinquanta metri. Secondo Mario Aldrovandi, che la definisce semplicemente d'Isolaz, la cascata avrebbe posseduto una portata idrica di 3700 litri al minuto, prima dell'attivazione delle opere idroelettriche. Renato Willien, nell'ottima Nouveau Guide de la Vallée d'Aoste (1968) cita invece i nomi di Isolla e di Isola.

A quelques m. sous Isolaz et avant de recevoir le petit torrent de Dondeuil, l’Evançon se précipite perpendiculairemente dans un gouffre de la hauteur de 40 m., formant une cascade, des plus belles que l’on connaisse. Choisir bien le point idéal d’où on puisse l’admirer. D’Isolaz, on peut descendre à Verrès en suivant la r. g. de l’Evançon jusqu’à Rovarey, d’ou l’on arrive à la Bourgade, par la côté E. du Château. Così descrisse la cascata una delle prime guide specificatamente dedicate all’escursionista ed al turista, Vallée de Challand. Brusson - Guide et Folk-Lore, edita nel 1928 a Mondovì su iniziativa dell’abate Louis Bonin. 

Secondo l'Abbé Joseph-Marie Henry, il quale scrisse ad appena un anno di distanza, Isollaz era parte integrante di una importante centrale elettrica: (...) Centrale de Challant-Saint-Victor à Isolla (670 m.): prend l'eau de l'Evançon à Vollon (1316 m.); parcours, 7200 mètres sur la rive droite de l'Evançon; 600 mètres de chute, 48000 chevaux. En activité depuis 1928. Société S.I.D.E.

La cascata è facilmente raggiungibile da Isollaz, proseguendo brevemente a piedi o in automobile su strada asfaltata che corre verso sud, fino ad una interruzione del guard rail sul lato sinistro (per chi si dirige, indicativamente, alla volta di Verrès) ove un cartello segnala l’inizio del sentiero. Questa via è singolarmente ripida, contraddistinta da brevi tornanti e da fondo sabbioso, erto, che in caso di pioggia diviene abbastanza fangoso; saltuari tronchi parzialmente interrati trattengono il terreno, cui segue, in ogni direzione, una fitta vegetazione. Si supera una cabina abbandonata in cemento, probabile punto di controllo o di smistamento elettrico, attualmente in rovina, scendendo per un centinaio di metri rispetto alla strada soprastante. Il sentiero, giunto quasi a livello dell’Evançon, piega repentinamente a sinistra (nord), bordato da una recente staccionata lignea e da cartelli che segnalano il pericolo di improvvise ondate di piena dovute all’apertura di opere idrauliche.

L’aria è densa di spruzzi e di rumore, ed occorre solo qualche passo in avanti per ammirare appieno la bellezza della cascata; la passeggiata è chiusa, oltre che dalla staccionata, da una vecchia e cadente struttura nuda e sventrata, completamente bagnata e ricca di muschio scivoloso, adorna di vecchia segnaletica di pericolo. E’ pericoloso procedere oltre, vista la scivolosità del terreno e delle piante, nonché l’esposizione alla cascata stessa, anche se più volte il bacino ai piedi del salto d’acqua è stato luogo di balneazione. 

Antica attività mineraria 

Proprio all’interno delle scure rocce che costituiscono la parete da cui salta l’Evançon sono custoditi i cunicoli minerari del complesso di Sache, adibito tra il 1820 ed il 1867 all’estrazione di pirite non aurifera, preziosa per la composizione del ferro. Un po’ a sinistra della traiettoria di caduta della cascata si trovava il Ribasso Rizzotti, dal quale mediante un sistema di piccoli vagoni si portava il minerale grezzo fino a Chavascon; la zona del percorso è oggi insidiata dai crolli, recenti ed antichi, e da alcune frane che rendono l’antico scavo irraggiungibile. Ciononostante, l’imbocco della galleria è tuttora ben distinguibile, come una sorta di scuro incavo nella parete uniforme. La storia della miniera di Sache o La Sache è confusa, e si intreccia con la supposta preesistenza di uno scavo minerario romano, in seguito scartata dagli esperti; pare invece assodato che il 15 dicembre del 1820 alcuni concessionari diedero il via ai lavori per uno scavo di “vetriolo di ferro” al disopra del salto d’acqua.

Dopo più riprese ed abbandoni dell’attività, giudicata non competitiva a livello economico, un ente cooperativo della Lomellina, il Consorzio Agrario, rilevò nel 1916 l’intera area, costruendo il citato Ribasso Rizzotti per aumentare la copertura mineraria del filone di pirite: non più solamente al disopra della cascata, ma anche a valle. Si trattò di un cantiere abbastanza importante, ancora attivo a metà anni Venti, che si valeva dell’acqua del Torrente Roesa per muovere un mulino. Venivano trattati dagli otto ai dieci metri cubi di minerale al giorno. Per maggiori informazioni in merito, si consiglia di visitare il sito Minieredoro.it.

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