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Monte dell'Aquila

Alto 2581 metri, il Monte dell’Aquila o Mont de l’Aigle si trova a poco più di un km. di distanza dal Corno del Lago, a nordest, separato da esso dal Colle di Chiva, desolato ed antico valico un tempo usato per la pastorizia ed attualmente dirupato sul versante settentrionale.

La salita al Monte dell’Aquila è consigliata nel periodo autunnale o immediatamente post invernale, per evitare che la vegetazione sovrabbondante del periodo primaverile ed estivo (in special modo le ginestre sulla dorsale a monte della solitaria e slanciata Punta Granlà) causi la perdita della esilissima traccia, contrassegnata da labili segni in vernice rossa. Tale vetta vanta una disarmante assenza di bibliografia dedicata, ad eccezione del volume Le Vette della Val d'Ayas, pubblicato nel luglio 2008 da L'Escursionista Editore; Varasc.it è stato il primo sito Internet a descriverne la salita. La difficoltà è valutata in EE, il dislivello di salita ammonta a ben 1791 metri, mentre la tempistica prevede almeno sei ore di cammino da Omens, frazione di Verrès raggiungibile su strada asfaltata a poca distanza dal celebre castello che domina la cittadina all’imbocco di Ayas. Il Monte dell’Aquila è una meta ambita, che spesso attrae escursionisti affascinati da questa vetta visibile dal fondovalle lungo la Dora, dall’autostrada Torino-Aosta, e tuttavia spesso fuorviati dall’assenza di segnaletica e dalla lunghezza del percorso.

Così come nel caso della salita alla citata Granlà, si sale su strada carrabile ma non asfaltata ed interdetta al traffico non autorizzato fino a Pontarey (969 metri), Champorre (1144), Vert (1335, non raggiunto dalla strada), il Colle omonimo (1400), oltre al boscoso Monte Carogne. Si perviene su strada a La Seura (1544), ove nel giugno 2008 si sono riscontrati lavori di protezione del manto stradale mediante piccole canaline idriche. Occorre girare intorno a tale moderno alpeggio, trovando una piccola strada che si restringerà presto in sentiero, inizialmente bordata sulla destra da un tubo in PVC e sostegni: la stradina, quasi in piano, è aperta sul lato sinistro sopra all’intero Vallone di Dondeuil permettendo belle panoramiche sui suoi alpeggi e sulle vette soprastanti, tra cui la fiera Becca Torché. Una volta ristrettasi a sentiero, sempre in costa e tra le abetaie, si presenta un bivio (circa 1600-1610 metri): bisogna salire tenendosi sulla via principale. Salendo si entra nel tratto più impegnativo dell’escursione: ripide svolte del sentiero, sempre nel bosco e costantemente visibile, brevi tratti con forte pendenza, su fondo comunque stabile (ma scivoloso, se ghiacciato).

Molte tracce di animali accompagnano la salita, fino all’uscita in cresta, preannunciata dal sole tra i fitti tronchi: siamo a quota 1720 metri, sul limitare degli alberi. Sotto di noi l’intera zona di Arnad ed il solco della Dora Baltea; più vicino, grandi massi parzialmente interrati e coperti da un tappeto di aghi di pino. Ad oriente si intravede una scura punta aggettante e rocciosa, la Granlà. Prestando attenzione si scorge una debole traccia di sentiero sulla cresta, segnalata da labili segni di vernice rocca: il sentiero è poco visibile perché coperto dall’erba, ma a tratti se ne percepisce ancora l’antico solco. Ad ogni modo occorre semplicemente restare in cresta, sulla dorsale, piegando ad oriente (sinistra, per chi è appena uscito dagli alberi dopo il tratto ripido): si superano i grandi massi, alternando tratti sulla destra soleggiata della dorsale, libera dagli alberi, ed altri a sinistra, nel bosco. La progressione non presenta comunque difficoltà. Circa venti minuti di cammino portano ai piedi dell’ampio e libero versante meridionale della Granlà, praticamente triangolare ed erboso, ripido. La vecchia traccia, probabilmente legata alla pastorizia, prosegue ad oriente fino ad un rialzo roccioso.

A quota 2061 metri si ritorna sul versante meridionale della dorsale, superando affioramenti estesi ma poco elevati, privi di difficoltà, al disotto del filo superiore di cresta. Poco oltre, alcuni alberi recano la medesima vernice rossa, mentre la vecchia traccia corre verso un singolare e “turrito” spuntone. Si passa a poca distanza da questa inconfondibile formazione rocciosa, avvistando in controluce la meta finale della salita, ancora lontana. A circa 2130 metri di quota si supera un altrettanto inconfondibile rilievo di roccia, simile ad un becco con la punta verso sinistra (nord) con tanto di freccia in vernice bianca, su una roccetta sottostante. Da qui si nota il labile solco della bella mulattiera del basso Vallone di Dondeuil. Si ritorna presto sul lato meridionale della cresta, superando enormi rilievi di roccia sul lato settentrionale, incontrando una lunga serie di gradini in pietra e scendendo per qualche metro, ai piedi dei medesimi rilievi.

A 2151 metri si devia a destra, raggiungendo il piacevole ed antico paese di Champoussin, ultimo avamposto umano lungo l’alta dorsale. Posto a 2163 metri, Champoussin vanta ormai pochissime strutture ancora integre, oltre a svariati ruderi; si tratta ad ogni modo di tesori di architettura rurale alpina, costruiti a mani nude, in assenza di ausilii meccanici o di cemento. Da notare, soprattutto, il mirabile arco in pietra che sorregge l’architrave di un ingresso, posto a contatto con una enorme roccia. In occasione della salita del 14 giugno, l’abitato di Champoussin è stato completamente ripulito dai detriti ivi lasciati nel corso dei decenni, raccogliendo un numero tristemente sorprendente di “residuati storici” umani. Da Champoussin, salendo verso est, si raggiunge la vecchia croce visibile dal basso, posta a 2215 metri, che precede la vasta e bella radura erbosa ove si trova un ampio ometto a lastre, probabilmente usato un tempo per accendere fuochi di cottura. Da qui si risale comodamente il vasto pendio occidentale del Monte dell’Aquila, senza difficoltà né possibilità di errore, guidati da segnavia naturali costruiti con lastre, di cui abbonda la zona. Si richiama la cortesia dei rari viandanti per la costruzione di questi indispensabili ometti, molto utili in caso di nuvole basse o nebbia, la cui risalita dal profondo solco a sud della dorsale è discretamente frequente.

Si esce a poca distanza dall’ampia vetta, a circa 2540 metri, proseguendo oltre i bassi resti di un probabile ricovero, di ridotte dimensioni, fino al bell’altare sommitale. La sua lastra principale, che funge da ripiano, è sorprendentemente lavorata ed integra, nonostante le precipitazioni alle quali è stata esposta. Vi si notano le incisioni IHS, Mont de l’Oïe, la data di posa (22 agosto 1997) e la sigla, meno leggibile, ABL. Sulla semplice croce in legno scuro si notano un Cristo in metallo ed una targa verticale, che spiega come tale emblema sia stato portato fin lì dai giovani di Arnad, nel settembre del 1991. Una Madonna di piccole dimensioni è protetta da un prisma di vetro, a sinistra della croce. Il panorama è notevole in ogni direzione, in particolar modo verso il Monte Crabun ed il Corno del Lago, unito dalla affilata cresta che permette la discesa ai Piccoli Laghi. Il Colle di Chiva è parzialmente celato, invece, dalla parte superiore della dorsale del Monte dell’Aquila. Notevoli anche le due Dame di Challand, Torché e Vlou, e la vicina Becca Mortens.

Tempistica 

Ecco, infine, i dati relativi alla prima salita di Varasc.it al Monte dell’Aquila, salita tuttavia puramente esplorativa - pertanto, tale tempistica è suscettibile di modifiche per difetto. Partiti alle 05.20 da Omens, abbiamo raggiunto il Col du Vert o Col Vert alle 06.35, la base della Punta Granlà alle 07.50. Alle 09.00 eravamo quindi a Champoussin, ove abbiamo speso circa venti minuti a visitare lo stupendo paesino d’alta quota, erede di una cultura alpestre ormai scomparsa. Per le 10.42 eravamo in vetta. In sintesi, si tratta di una escursione altamente gratificante e scarsamente effettuata, quasi priva di riferimenti Internet o di bibliografia. Per la salita, si consiglia di analizzare attentamente le fotografie annesse, consultando il manuale Le Vette della Val d'Ayas per l’esatta successione dei numerosi punti di riferimento sul terreno.

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