Privacy Policy


Varasc
   
Collabora con Varasc.it

La casina, il torrente, i bottoni d'oro

Mario Giovannetti

La casina, il torrente, i bottoni d’oro (un paradiso perduto)

Tipografia La Stampa, Grosseto, dicembre (anno mancante). Pagine 72, prezzo non indicato, formato 23x17,5 cm. Repertorio fotografico in b.\n.

 

 

Raro, e bellissimo: poche parole sembrano in grado di descrivere - pur nella ricchezza di aggettivi e iperboli della nostra lingua - questo sottile libello, firmato in data ignota da Mario Giovannetti, questa storia dolce e al contempo struggente sin dal titolo, che delinea un paradiso. Un paradiso perduto, purtroppo.

La vicenda è incentrata nell’alta Ayas, negli anni Cinquanta: un mondo ancora atavico, separato da Champoluc dall’assenza della strada di oggi, un paesino sospeso tra i boschi, con collegamenti ancora precari alla rete elettrica. Saint Jacques. Nella piazza, una palazzina tuttora esistente ospitava allora la caserma dei finanzieri: e proprio lì, nel cuore dell’inverno, giunge un giovane militare, alquanto impreparato ai rigori dell’alta montagna e pronto tuttavia ad amarla e a integrarsi con la sua gente, i suoi costumi.

Giovannetti descrive così la sua storia, che potrebbe essere quella di ogni vero amante di Ayas: ricordi, persone indimenticabili, momenti, gite al Castore, al Monte Croce o ai colli, salite scialpinistiche, il cane Pluto, gli amici e commilitoni, il parto in caserma, l’arrivo dei villeggianti, la presenza di dotti “forestieri”, le lunghe conversazioni con il parroco, con il dottor Calcaterra, la professoressa Zanoni. Un racconto inaspettato, struggente per chi lo legge a distanza di anni, e centinaia di chilometri, da Ayas; per chi se ne sente spinto a ricordare la propria Ayas, quella della propria infanzia, paragonandola con l’attuale. Un divario, una dicotomia troppo grande per l’Autore, che considera con amarezza l’evoluzione - la devastazione - del proprio paradiso personale nell’ultimo capitolo, Trenta denari:

(…) Così, la struggente bellezza della Val d’Ayas viene distrutta per sempre, e rimangono… i “trenta denari”. Si fanno strade che avvicinano le malghe all’abitato, perché dove passa la strada i terreni valgono di più. E allora spuntano belle casette e i camion vanno su e giù con la calce, il cemento. E sulle strade sciama la tribù microcefala degli automobilisti, che pretendono di arrivare fin nelle valli più riposte, dove un tempo regnavano solo fiori dai colori stupendi. Ma che importa? Ci sono i “trenta denari”. E se piangeremo le cose perdute, rimarrà a consolarci il cimitero dei forestieri, vera dimora dei “denari”, che questo siamo ormai, stranieri in patria.

E’ difficile rifiutare, in pieno 2015, parte di questa visione: le automobili e il consumismo, ormai irrimediabilmente integrati nella nostra società e nella sua linfa economica, sembrano oggi più “normali” di quanto potevano apparire negli anni Sessanta, all’epoca dell’espansione turistica di Ayas e di tante altre valli. Ma il senso dell’ultimo, triste capitolo del volume rimane anche oggi, mentre si pianifica la devastazione del Vallone delle Cime Bianche, aprendo una sobria riflessione: quanti “paradisi” ci restano ancora, in Ayas o altrove, da perdere?

© Copyright Varasc.it 2015 - Disclaimer - Cookie Policy - Contatti - info@varasc.it - Old version