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 Sunto
        archeologico della Val d'Ayas   In
        questa sezione de Varasc.it verranno elencati i ritrovamenti
        archeologici relativi alla Val d'Ayas ed alle zone limitrofe, fornendo
        le informazioni bibliografiche e cronologiche necessarie a realizzare un
        primo elenco dei reperti ayassini. Questo sunto archeologico è a
        disposizione di studenti e ricercatori, aperto a chiunque voglia
        correggere le informazioni pubblicate o segnalare
        ulteriori ritrovamenti. Lo scopo principale consiste nel creare un
        futuro database dei reperti,
        sempre più completo ed affinato, che ponga rimedio all'estrema
        frammentazione (bibliografica e cronologica) delle notizie inerenti a
        questo affascinante tema.  I reperti verranno numerati in ordine alfabetico, per località. I ritrovamenti di incisioni rupestri verranno elencati, appena possibile, nell'apposita sezione. | 
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 1.
        Antagnod. Il sepolcro Atimeti Una tomba romana ad incinerazione, scoperta ad Antagnod, venne citata dal priore Jean-Antoine Gal (1795-1867) in una lettera a Carlo Promis del 9 settembre 1840, nonché nell'opera Coup d'oeil sur les antiquités du duché d'Aoste, Imprimerie Mensio, Aosta 1862. Il priore scrisse infatti: On a dècouvert à Ayas, au midi du chemin qui conduit du hameau d'Antagnod au chef-lieu, un tombeau romain consistant en une petite urne cinéraire de pierre ollaire très bien travaillée dans son contour, contenant des petis os calcinés, recouverte d'une petite pierre carrée en marbre blanc et flanquée de deux pierres manuelles d'un excellent grès. Non si comprende con chiarezza la dicotomia tra Antagnod ed il chef-lieu, tuttavia l'Autore fece riferimento anche ad una lampe sépulcrale, portant le nom Atimeti, ornée d'une tête qui paraît celle d'un faune. Il sepolcro è oggi scomparso, le suppellettili disperse, ma più autori ne ipotizzarono la creazione da parte di un vero artista; secondo Gal, C'était, ce me semble, le tombeau d'un enfant d'un remouleur ou d'un piquer de pierre. On y a trouvé aussi des anneaux antiques. La piccola lampada dalla testa di fauno suggerì a Pietro Barocelli, nell'opera Forma Italiae (Editore Danesi, Roma 1949) la collocazione cronologica del reperto al primo periodo imperiale. Il marchio "Atimeti", insieme al marchio "Fortis", pare essere estremamente diffuso nell'ambito delle antiche lucerne romane. Innumerevoli i ritrovamenti, tra cui due esemplari affiorati nella necropoli di Serravalle Adige (anno 1857), a Pompei, Ercolano oppure nella necropoli di Angera, ove venne scoperta una lucerna a firmalampe del tipo Loeschcke IX, guarnita del marchio Atimeti. Secondo gli studiosi Emiliano Garatti, Barbara Grassi ed Andrea Marensi, tale dicitura sarebbe riconducibile dall'età augustea all'età di Traiano. Una lucerna contraddistinta da questo bollo e risalente al I secolo d.C. venne scoperta nel 1894 nel Comune di Lenta (Vercelli); un'altra lucerna di pasta rossastra con il marchio Atimeti venne scoperta nel novembre 1883 nel Comune di Felonica, in provincia di Bergamo e descritta dall'archeologo professor Mantovani. Tornando
        ad Antagnod, Alessio Letey riprese la
        notizia del ritrovamento ne Storia,
        usi, costumi e tradizioni della Valle AYAS,
        edito nel 1968 dalla Société Guides Champoluc-Ayas. L'autore aggiunse che, nel 1836, venne ritrovata a
        nordest di Antagnod la tomba profonda sette-otto piedi di un individuo
        alto ben 1.90 metri, sommariamente descritto come schiavo
        romano (?); citando il professor Fournier,
        Letey ricordò il ritrovamento di un'urna romana in terracotta. 
 2. Arla,
        Colle di. Sepolcro Un
        sepolcro dell'Eneolitico o età del Rame (approssimativamente 3400-2200
        a.C.) venne individuato nel 1971 al Colle
        d'Arlaz
        dal dottor
        Damiano Daudry, presidente della Società Valdostana di Preistoria e di Archeologia, che ne
        diede notizia ne Brevi considerazioni
        sulle incisioni rupestri. Il
        sito venne ripreso dal professor Francesco Mezzena nel 1981, ne La
        Valle d'Aosta nella preistoria e nella protostoria,
        con descrizione (...)
        resti di una tomba dolmenica di forma rettangolare, con lato maggiore di
        circa m 4. Di tale monumento rimangono in posto un lato lungo e uno
        breve. L'Eneolitico,
        in base alle conoscenze finora acquisite, fu il periodo della prima
        presenza umana nella zona ayassina e nel territorio sommariamente esteso
        tra Issogne e Verrès. I (...) resti di una tomba dolmenica di forma rettangolare, con lato maggiore di circa m 4, vennero descritti nel 1988 da Mezzena nel catalogo "Archeologia in Valle d'Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell'Impero Romano, 2500 a.C.-V sec. d.C.". 
 
 3.
        Battaglia, Lago della. Monete romane Nel 1888, come citato, Séraphin Vuillermin
        pubblicò il volume Le Mandement de Graines et
        ses franchises citando la voce dei ritrovamenti archeologici
        nei laghi soprastanti Brusson. Des
        ouvriers d'origine romaine y ont jadis exploité des minières. On a
        trouvé, des monnaies romaines, dans ces lacs, sur les hauteurs de
        Brusson. C'étaient là, croyons nous, des pièces que l'on déposait
        sur la langue des défunts; c'était la rançon que la superstition
        croyait devoir payer aux divinités souterraines. Les ouvriers qui
        mouraient dans ces travaux étaient jetés dans les eaux des étangs
        voisins.  Secondo l'Abbé Louis Bonin, che ne diede notizia nel 1928 ne Vallée de Challand. Brusson - Guide et Folk- Lore, il fondo del Lago della Battaglia o Lac de la Bataille rivelò in tempi ormai obliati delle monete. On y a trouvé des monnaies romaines, ce qui ferait supposer que des ouvriers d'origine romaine y ont jadis exploité des minières. C'étaient là, croyons-nous, des pièces que l'on déposait sur la langue des défunts. C'était la rançon que la superstition croyait devoir payer aux divinités souterraines. Il dotto sacerdote si limitava a riferire la fonte del ritrovamento come Notices Vuillermin, probabilmente riferendosi al canonico Séraphin Vuillermin, autore de Le Mandement de Graines et ses franchises du XVet du XVI siècle. Notes Historiques, Louis Mensio, Aosta, 1889. In tempi ben più recenti, Varasc.it ha potuto constatare come la leggenda di un "tesoro in monete" perso nei limacciosi fondali dei Laghi Palasina sopravviva tra Brusson ed Estoul. Nel 1963 anche Ugo Torra riferì il ritrovamento delle monete nei Laghi Palasina, citando ne La Valle di Challant- Ayas la notizia diffusa dal priore Jean-Antoine Gal nell'opera Coup d'oeil sur les antiquités du duché d'Aoste, Imprimerie Mensio, Aosta 1862.Coup d'oeil sur les antiquités du duché d'Aoste, Imprimerie Mensio, Aosta 1862. 
 4.
        Brusson. Armilla gallica, di foggia salassa o vallese Un'armilla
        gallica venne rinvenuta a Brusson; si trattava
        di un bracciale circolare (da armus, braccio) solitamente portato
        sul braccio sinistro, spesso dai guerrieri. L'armilla in questione
        proveniva da una tomba scoperta in località imprecisata e
        successivamente parte della collezione di Jules Brocherel. Pietro
        Barocelli la poté esaminare, descrivendola come di foggia vallese o
        salassa, disegnandola nell'opera Forma
        Italiae. Il
        disegno è riprodotto da Andrea Zanotto ne Valle
        d'Aosta antica e archeologica, Musumeci Editore, Quart
        (Aosta) 1986, pagina 307. Secondo Gianfranco Zidda, questi ed altri
        reperti celtici risalirebbero al medio ed antico periodo La Tène (IV-III
        secolo a.C.).  
 5. Brusson. Mura della chiesa Dal mese di febbraio 2010, la chiesa di San Maurizio a Brusson è stata oggetto di restauro. Gli scavi preliminari necessari al rifacimento del pavimento di legno hanno portato alla luce parte delle mura perimetrali della chiesa gotica, evidenziandone l'antica disposizione absidale verso oriente. L'opera è diretta dall'architetto Monique Lévêque; in questa antica chiesa, nel 1270, venne firmato l'accordo tra la curia valsesiana ed Ibleto di Challant. La struttura era stata tuttavia già nominata in una bolla pontificia di Alessandro III nel 1176. All'esterno del campanile, dall'inverno 2010, si notano alcuni pannelli dell'Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma. Intitolati L'histoire de l'Eglise, descrivono un mirevole progetto volto a restituire l'antico patrimonio storico e culturale alla comunità locale. Con alcune pregevoli immagini d'epoca, i pannelli raccontano come la tradizione popolare voglia collocare la chiesa primigena al posto della cappella di Saint-Valentin, mentre è risaputo che essa sia stata menzionata per la prima volta da una Bolla pontificia del 1176, come ricordato nel dettaglio da Varasc.it. Esistono invece alcune immagini della chiesa gotica, orientata su un asse est-ovest e demolita nel XIX secolo; ne restano solo il campanile e le piccole strutture che vi sono tuttora appoggiate, la cosiddetta Chapelle des blancs, sulla sinistra della chiesa (e dietro al clocher) per chi la guarda dal sagrato. Nel 1865 si decise pertanto di costruire una nuova struttura sacra, il cui progetto venne proposto dal geometra Innocenzo Manzetti (1826-1877) e realizzato dall'architetto Giuseppe Lancia. Ultimata dopo otto anni, la chiesa di Brusson venne consacrata nel 1873; l'interno venne decorato dal pittore Alessandro Altari (1832-1920), ad eccezione del grande quadro di San Maurizio, creato nel 1884 da Giuseppe Stornone e successivamente ricostruito da Carlo Morgari dopo il devastante incendio del 17-18 marzo 1927. I decori interni vennero ripristinati da Andrea e Giovanni Ponchia. I recenti restauri (ultimati nel mese di dicembre 2010) hanno permesso di identificare, sepolti nel livello inferiore dell'attuale chiesa ottocentesca, alcuni elementi della chiesa quattrocentesca: il muro perimetrale nord, le lesene (oggi sepolte sotto la navata sinistra e la navata centrale), gli altari (sottostanti la navata centrale e la navata laterale destra), nonché alcune basi per arredi liturgici, celate sotto la navata sinistra. 
 
 6. Châtillonet.
        Insediamento  Un insediamento risalente all'età del Bronzo recente venne scoperto a quota 950 metri in località Châtillonet, nel Comune di Challand-Saint-Anselme. Il sito offrì, secondo Gianfranco Zidda, testimonianze risalenti anche alla prima età del Ferro (VII-V secolo a.C.). Il ritrovamento è particolarmente interessante se accostato alla piccola necropoli di Tilly; il sito di Châtillonet venne accennato da Mezzena nel 1988 ne "Archeologia in Valle d'Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell'Impero Romano, 2500 a.C.-V sec. d.C.". 
 7.
        Corliod. Monete d'epoca romana Corliod,
        frazione di Challand-Saint-Anselme.
        Alcuni contadini rinvennero nel 1927 delle monete romane, definite
        antoniniani o doppi denari e ritraenti svariati imperatori, tra cui
        Gordiano, Filippo Padre, Otacilia, Traiano Decio, Etruscilla, Traboniano
        Gallo, Valusiano, Valeriano Padre, Mariniana, Gallieno, Salonina,
        Valeriano figlio. Ne diede notizia nel 1930 Pietro Barocelli ne Corliod.
        Piccolo ripostiglio di antoniani; un
        anno più tardi, il ritrovamento venne ripreso da Abele Piva nel
        Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, che
        secondo lo storico Ugo Torra citò Corliod
        (Val Challant): piccolo ripostiglio di antoniniani. Immediatamente
        accosto all’abitato, a monte della strada provinciale, entro una
        piccola cassetta di pietra venne recentemente in luce un tesoretto di 45
        antoniniani, in cattivo stato di conservazione. Queste circostanze ed il
        piccolo numero delle monete non permettono nessuna deduzione sulla
        diffusione dei prodotti delle singole zecche. Secondo
        Valle
        d'Aosta antica e archeologica le monete vennero inviate
        al MAR, Musée archéologique régional de la Vallée d'Aoste;
        Gianfranco Zidda ne La
        terra degli Challant. Genti e paesi della Comunità montana dell'Evançon
        riferì di sole quattordici monete. Andrea Zanotto, ne Histoire de la Vallée d'Aoste, sottolineò come simili cachettes de monnaies vennero scoperti anche a Gignod, Allein e Saint-Christophe. Ritrovamenti romani sono citati anche da Giulio Brocherel nel secondo volume de La Valle d'Aosta, Istituto Geografico DeAgostini, Novara 1932; Bruno Orlandoni citò il ritrovamento di Corliod, facendo riferimento all'anno 1930, nelle pagine del catalogo "Archeologia in Valle d'Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell'Impero Romano, 2500 a.C.-V sec. d.C.". 
 8.
        Graines. Insediamento protostorico Un insediamento protostorico, ovvero parte del secondo periodo preistorico (tra l'età del Bronzo e l'età del Ferro) venne descritto nel 1981 dal professor Francesco Mezzena in località castello di Graines, a poca distanza da Brusson. L'opera di riferimento è La Valle d'Aosta nella preistoria e nella protostoria, in Archeologia in Valle d’Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell’Impero romano, 3500 a.C.- V sec. d.C., Quart (Aosta) 1981. Gianfranco Zidda, ne La terra degli Challant. Genti e paesi della Comunità montana dell'Evançon, optò invece per l'età del Bronzo recente e finale (XI-X secolo a.C.). Mezzena si limitò a citare questo insediamento nel catalogo "Archeologia in Valle d'Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell'Impero Romano, 2500 a.C.-V sec. d.C.", nel 1988. 
 9.
        Lignod. Sepolcro romano Un sepolcro di origine romana rinvenuto a Lignod venne citato da Pietro Barocelli, ne Forma Italiae e nel brano del 1925 Lignod (Val d'Ayas). Rinvenimento di oggetti d'età romana. La tomba celava, tra gli altri reperti, un (...) vasetto di fine terracotta di una forma rara a bicchiere, probabilmente inviato al Museo di antichità di Torino. La località venne descritta come (...) al margine dell'abitato principale verso Champoluc, dando origine a notevoli problemi di collocazione spaziale. Nel 1968 Alessio Letey, ne Storia, usi, costumi e tradizioni della Valle AYAS, citò la testimonianza di Delfino Obert secondo il quale durante gli scavi per la costruzione di una casa si scoprirono monete ritraenti l'imperatore Diocleziano, nonché anfore e vasetti, alcuni probabilmente adibiti a contenere profumi. 
 
 10.
        Tantané, Monte. Insediamento Di
        notevole interesse, l'insediamento preromano alle pendici del Monte
        Tantané è oggi ben noto e divulgato. Sorge a circa 2440 metri di
        quota e venne stagionalmente abitato dal II al I secolo a.C., vantando
        un nucleo massimo di circa 25 capanne ed ospitando anche donne, vista la
        presenza di un peso da telaio con foro e di una fusaiola in pietra
        ollare; si ignora il reale motivo di questa remota ubicazione d'alta
        quota (scelta al posto di ben più ridenti collocazioni sugli ampi
        pascoli sottostanti), probabilmente legata a qualche attività
        estrattiva. Il sito sorge nel territorio comunale de La Magdeleine (1644
        metri), sulla sinistra orografica del torrente Marmore, e rappresenta il
        più elevato scavo archeologico europeo. Non sembrano tuttavia presenti
        filoni aurei in zona, né giacimenti di quelle "pietre verdi"
        ampiamente sfruttate nel Neolitico e nell'Eneolitico. Il sito venne
        segnalato da Vincent Trèves nel 1973 e così descritto da Francesco
        Mezzena nel 1981, ne La Valle d'Aosta
        nella preistoria e nella protostoria:  (...) si tratta di un villaggio di
        capanne a pianta molto variabile, in muratura a secco. Deve trattarsi
        necessariamente di un insediamento stagionale, forse legato ad attività
        minerarie, come indicherebbe anche una vecchia leggenda legata al sito.
        Lo studioso faceva risalire
        l'insediamento all'età del Ferro, elencandone i reperti: (...)
        segni di cereali e leguminose, frammenti di ciotole, manici di utensili,
        nonché frammenti delle strutture lignee superiori delle capanne.  Anche Claudia Bocca e
        Massimo Centini descrissero il sito del Monte
        Tantané nel 1995, ne Sulle
        tracce dei Salassi. Origine, storia e genocidio di una cultura alpina.
        Secondo gli studiosi, la dorsale tra Ayas e la Valtournanche avrebbe
        invece celato alcuni filoni auriferi. Anche l'insediamento di Chatelor
        (1200 metri), presso Antey-Saint-André, sarebbe stato un avamposto
        estrattivo. Nel 2003, una prima analisi
        contò ventidue capanne di varia forma, trapezoidali e rettangolari; nel
        2004 il professor Mezzena aggiornò il pubblico circa lo stato degli
        studi ne Habitat
        protohistorique au Mont-Tantane,
        pubblicato nel
        Bollettino
        della Soprintendenza per i Beni Culturali, Volume 1, pagina 57. Il
        sito venne analizzato nel 2007 dall'impresa  BONA1858
        dell'architetto vercellese Mario Bona, per conto dell'Ufficio Beni
        Archeologici di Aosta.  
 11.
        Tilly. Necropoli ed armille Una necropoli risalente alla seconda età del Ferro venne scoperta in località ignota a Tilly, nel Comune di Challand-Saint-Anselme. Andrea Zanotto ripropose nel 1986 la notizia riferendosi a sole armille preromane, rinvenute nel 1935 e citate da Pietro Barocelli nel 1951, ne La préhistoire en Vallée d'Aoste. Gianfranco Zidda vi descrisse (...) bicchieri e tazze carenate di impasto buccheroide a superficie nero-lucida, simili alle creazioni della Pianura Padana e della zona prealpina occidentale. Anche Ugo Torra, ne La Valle di Challant- Ayas del 1963, riprese la notizia di Barocelli. 
 12.
        Torille. Monete romane Alcune
        monete romane consolari vennero rinvenute nel lontano 1564 a Torille,
        nel Comune di Verrès. Oggi scomparse, le
        monete sono state segnalate da tre fonti: innanzitutto lo storico
        Emanuele Filiberto Pingone, barone di Cusy (1525-1582), che scrisse Apud
        Augustam vallem iuxta Chalancum in pago qui Turrilum dicitur iuxta
        Verresium anno 1564 quidam rusticus arando invenit vas aeneum hac forma
        (...) plenum numismatis argenteis. Per
        quanto concisa, questa descrizione costituisce la prima segnalazione di
        un ritrovamento archeologico nel territorio ayassino; si ricorda come
        durante l'epoca
        romana il
        borgo di Torille
        coincidesse con la ventottesima colonna miliare dell'antica strada
        consolare delle Gallie, mentre Vitricium sorgeva al ventinovesimo
        cippo. Il ritrovamento venne ripreso dall'architetto ed archeologo Carlo
        Promis (1808-1873) ne Le antichità di
        Aosta, edita
        nel 1862 dalla Stamperia Reale di Torino, sottolineando come il vaso
        avesse forma di un doglio e premettendo (...)
        Qualche antico avanzo si è ritrovato in questo bello ed importante
        borgo, ma gli dà fama sopratutto l'antica prepositura di S. Eligio...
        Il riferimento al vaso si trova nella
        nota 3 di pagina 107. Pietro
        Barocelli descrisse a sua volta il reperto ne Forma
        Italiae, mentre
        il dottor Gianfranco Zidda della Soprintendenza per i beni culturali
        lo elencò ne La
        terra degli Challant. Genti e paesi della Comunità montana dell'Evançon. 
 13.
        Verrès. Moneta PRIKOU Una
        moneta aurea venne rinvenuta nel 1861 près
        de Verrès e
        custodita dal priore Jean-Antoine
        Gal (1795-1867). Questi o altri autori contribuirono a definirla moneta
        dei Salassi, prima
        d'essere acquisita dal Museo dell'Accademia di Sant'Anselmo, ad Aosta.
        La moneta è indicata nella Carta
        archeologica del Monte Rosa, foglio 29, di
        Pietro Barocelli (1955), a sua volta basata sull'Edizione
        archeologica della carta d'Italia al 100.000,
        disegnata
        da Edoardo Baglione e pubblicata nel 1928 dal Regio Istituto Geografico
        Militare di Firenze. La
        moneta è fotografata a pagina 201 de La
        terra degli Challant, descritta da Gianfranco Zidda,
        secondo il quale presenterebbe la scritta PRIKOU in alfabeto
        celtico leponzio, un linguaggio proprio del periodo compreso tra il 700
        ed il 400 a.C. Compare anche a pagina 50 del primo volume de La
        Valle d'Aosta di Giulio Brocherel, Istituto
        Geografico DeAgostini, Novara 1932. Secondo Mario Orlandoni, che trattò il tema nelle pagine del catalogo "Archeologia in Valle d'Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell'Impero Romano, 2500 a.C.-V sec. d.C.", edito nel 1988, (...) le quattro monete d'oro rinvenute ad Aosta ed a Verrès negli anni fra il 1838 e il 1861, che in un primo tempo attribuite alla popolazione locale (Salassi), sono poi risultate originarie dell'area Elvetica. 
 
 14.
        Vollon. Tumulo eneolitico Un
        tumulo di notevoli dimensioni, probabilmente risalente al periodo
        Eneolitico (3.000 anni a.C.) sorge a Vollon,
        nel Comune di Brusson. Il tumulo è lungo
        quasi 90 metri e ha forma sub-ellissoidale, visibile sulla sinistra
        della strada regionale per chi sale da Verrès. Il dottor Gianfranco
        Zidda ha riportato l'opinione del professor Mezzena, ovvero la
        somiglianza del tumulo a modelli diffusi in Francia, Germania ed
        Inghilterra.   | 
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